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Stefano Re: i mass media e la manipolazione di massa

La manipolazione di massa raffigurata in un'immagine

Stefano Re, docente di metacomunicazione ed esperto in criminologia applicata, ha recentemente rilasciato un’intervista per il sito Byoblu in cui illustra lo stretto legame esistente tra i mass media e la manipolazione di massa. Nello specifico, Stefano Re spiega agli ascoltatori il modo in cui i media influiscono pesantemente sulla nostra percezione della realtà.

All’interno dell’intervista, egli parla delle tecniche utilizzate all’interno degli interrogatori, che si basano sullo studio e sull’applicazione dei “meccanismi di modificazione percettiva della realtà e dell’identità”. Secondo Stefano Re, però, i media (a livello internazionale) si sarebbero appropriati di queste tecniche per applicarle nei confronti delle popolazioni. In tal senso, cita il World Economic Forum e spiega che, nel recente incontro tenutosi a Davos, è stato “fortemente raccomandato” un articolo in cui vengono indicati i metodi più efficaci per convincere le popolazioni a vaccinarsi. Tra questi vi sarebbe, ad esempio, quello di indurre il senso di colpa.

“Una persona non è libera di valutare i pro e i contro. Vengono messi in atto dei processi emotivi inconsci che operano in background, costringendola ad andare in una direzione. Questa è manipolazione di massa”.

Come fare per non cadere nella trappola della manipolazione?

Stefano Re fornisce agli ascoltatori il “metodo” con cui possono accorgersi di questo processo di manipolazione. “Basta osservare se stessi…basta osservare costantemente e con attenzione come funzioniamo, come costruiamo i nostri modelli di realtà ed identità”. Poi, il docente dà il suo parere nei confronti degli individui che già riescono a fare ciò, ossia quelli che potremmo definire i “pensatori liberi”.

“I processi di manipolazione, come ogni altro tipo di processo di influenza, non possono essere validi al 100% […] se poi parliamo di popolazioni, cioè di milioni o miliardi di persone, è assolutamente palese che una percentuale variabile, qualunque sia il processo di condizionamento, non sia raggiunta”.

Successivamente, il docente fa un esempio di manipolazione di massa dimostrando come, tramite le tecniche manipolative, sia possibile ottenere lo scopo desiderato.

“Ipotizziamo che nel 2015 si domandava a tutta la popolazione italiana se fosse disposta a rinunciare al diritto dell’inviolabilità del proprio corpo, nello specifico si domandava se era d’accordo che passasse una legge che rendeva possibile ad un’autorità di iniettare nel corpo delle persone ciò che avessero voluto, anche contro la volontà dei proprietari del corpo stesso. […] Il 100% sarebbe stato contrario. Poi, però, c’è stata la propaganda vaccinale, basata sul pericolo delle terribili epidemie di morbillo, sulla possibilità di morire di tetano e sulla opinione negativa nei confronti dei “no-vax”. Risultato: nel 2018/2019 c’era una fetta di popolazione notevole (tra il 50% e l’80%) che improvvisamente era d’accordo all’idea di rendere obbligatorio, anche contro la volontà delle persone, l’iniezione di sostanze farmacologiche”.

Ovviamente, nel momento in cui conosciamo queste tecniche, sarà più facile sfuggire al controllo di massa.

Da chi vengono utilizzate precisamente le tecniche di manipolazione di massa?

Sicuramente vengono utilizzate, da circa quarant’anni, dalle multinazionali. Stefano Re afferma che, negli anni ’80, le multinazionali si sono appropriate delle tecniche di manipolazione di massa ed hanno realizzato che queste ultime avevano un potenziale economico enorme. Ed anche qui, il docente fa un esempio a dimostrazione di ciò.

“Una cosa semplice da vedere è che, in televisione, ci sono le pubblicità divise per fasce orarie. Se andate ad osservare noterete che, a seconda della fascia oraria, la pubblicità oltre a targhetizzare le fasce di età e le fasce di lavoro degli utenti raggiungibili, mette anche in atto una serie di comportamenti adeguati all’orario. Ad esempio, la mattina ci sono le pubblicità in cui ci si lava i denti, ci si lava i capelli, ci si veste e così via. Poi verso ora di pranzo c’è tutta la parte che riguarda il cibo, come gli strumenti domestici ed il take-away. Dunque, la pubblicità disegna la tua identità durante tutta la giornata a seconda dell’età che hai, del lavoro che fai, delle tue aspettative, paure o desideri. Ti crea un modello a cui tu inconsciamente ti attieni, perché vieni bombardato costantemente. La ripetizione è uno dei processi di modificazione percettiva di massa”.

Il problema, però, è ancora più grande di quello appena descritto. Infatti, secondo il docente il passaggio spaventoso è costituito dal fatto che, verso la fine degli anni ’90 e l’inizio del millennio, queste tecniche volte a manipolare la percezione delle persone, che fino ad allora erano state utilizzate per ottenere il consumo di beni o servizi da parte delle persone, sono state utilizzate per “decidere” cosa queste ultime avrebbero dovuto desiderare.

In pratica, secondo Stefano Re, le famiglie più importanti del pianeta (a livello economico e di influenza) a partire dalla fine degli anni ’90 hanno cercato di manovrare i comportamenti delle persone tramite tali tecniche.

“Stanno utilizzando strumenti di massa per farci vivere nel mondo che loro decidono che dobbiamo vedere e credere che sia reale, con l’identità che loro decidono di disegnarci addosso”.

Ed i social network?

Ovviamente, secondo Stefano Re, anche i social svolgono un ruolo importante per la realizzazione della manipolazione di massa.

“Durante gli studi sull’influenza ad opera dei social è emerso che, alcuni meccanismi dei social network, hanno un potere di influenza enorme. Ad esempio, vi è la cosiddetta “influenza neurologica”, ossia il livello di modificazione neurobiologica che i social network riescono ad avere sulla loro utenza”.

Il docente, poi, spiega anche il modo in cui avverrebbe questa influenza neurologica.

“Prendiamo il “like”, esso rappresenta il concetto di “mi piace questo messaggio” ed è stato messo cosicché, quando tu scrivi qualcosa, le persone possono trasmetterti un feedback, ossia il loro apprezzamento per ciò che hai scritto. E noi costruiamo la nostra identità e l’idea del mondo in cui viviamo sui feedback. […] Ora, nella realtà precedente ai social network, una persona comune quanti feedback poteva ottenere? Mediamente poteva ottenere una decina di feedback al giorno, mentre con i social network qualunque persona può ottenere 50/100/200 like. […] Se tutti i giorni scrivi qualcosa, ed hai dei feedback ogni volta, il tuo cervello assume assuefazione a questo livello di feedback. […] Il tuo cervello, quando i feedback calano, sente un disagio e la sensazione è spiacevole”, aggiunge il docente.

Dunque, come Stefano Re lascia intendere, dato che quando si ricevono meno feedback si prova un disagio, i post che hanno ad oggetto temi non comunemente condivisi saranno generalmente limitati o evitati da parte dell’utente.

“Una volta che uno si rende conto che in questo modo puoi indicare alle persone di cosa parlare e di cosa non parlare, hai in mano lo strumento perfetto di modificazione percettiva di massa, che è estremamente più perfido dei media tradizionali”.

A tutto ciò si aggiunge il fatto che alcuni social network, tra cui Facebook, hanno iniziato ad utilizzare degli algoritmi che diminuiscono la visibilità di alcuni post, ossia di quelli che in base agli algoritmi non sono “desiderabili”. Di conseguenza, i post che hanno ad oggetto un contenuto considerato “non desiderabile” avranno dei feedback minori rispetto agli altri. Dunque, il cervello dell’utente dipendente dai like è portato, inconsciamente, a non parlare più degli argomenti che producono un’approvazione minore.

Poi, un modo di operare di Facebook ancora più estremo consiste nel rimuovere i post che non vengono considerati validi dai “fact chacker”, cosa che nell’ultimo periodo è successa molto spesso. Infine, Stefano Re sottolinea che ciò che fanno i social è molto più pericoloso rispetto a ciò che fa la televisione. A suo parere le televisioni, così come i giornali, sono “unidirezionali”. Infatti, in tv c’è una persona che comunica delle informazioni e lo spettatore le identifica come delle cose che arrivano dall’esterno. Con i social, invece, non funzionerebbe così.

“Sui social network non c’è nessuno che ti dice come stanno le cose, ci sei tu con gli amici scelti da te. Quindi quello che compare sulla tua pagina facebook è quello che sta dentro il tuo cervello. […] Se loro ti addestrano a dare spazio a questo o a quello, non lo stanno facendo dall’esterno, lo stanno facendo dentro il tuo cervello”.

E noi non possiamo che condividere il fatto che, come afferma Stefano Re, questa sia la “deriva dittatoriale più spaventosa che si è mai vista sulla terra”. Per concludere, a prescindere dal fine ricercato tramite questa manipolazione di massa, non è possibile che dei privati possano condizionare, se non addirittura decidere, cosa conviene affermare alle persone.

E tu cosa ne pensi del controllo di massa? Faccelo sapere nei commenti e se ti è piaciuto l’articolo condividilo!

Raffaele De Luca

Riferimenti
Byoblu

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